Benedetto XVI beatifica Giovanni Paolo II: un gigante che ha insegnato ai cristiani il coraggio di esserlo
Un “gigante” che con “la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana”, ha “aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo”. È il pensiero centrale che Benedetto XVI ha dedicato a Giovanni Paolo II durante l’omelia della Messa con la quale questa mattina il Papa ha solennemente proclamato Beato il suo predecessore. Oltre un milione di persone provenienti da ogni parte del mondo ha fatto da cornice alla emozionante cerimonia, interrotta da dozzine di salve di applausi. La cronaca della celebrazione di Alessandro De Carolis:
(Formula di Beatificazione pronunciata da Benedetto XVI)
"Auctoritate Nostra Apostolica facultates facimus ut Venerabilis Servus Dei Ioannes Paulus II, papa, Beati nomine in posterum appelletur ...
Dall’altare del proprio cuore, dove per sei anni in milioni lo avevano posto, agli altari della Chiesa, che oggi lo ha proclamato Beato. La stessa folla strabocchevole dell’8 aprile 2005, che lo piangeva e in mille lingue lo voleva Santo, è tornata a riempire ogni angolo e interstizio di Piazza San Pietro, di Via della Conciliazione e di tutte le piazze romane in cui è stato possibile ascoltare questa formula di Benedetto XVI, veder giganteggiare sull'arazzo la fotografia del Papa amatissimo (sacattata dal fotografo polacco Gregor Galazka) dalla loggia dove un giorno si era affacciato venendo da lontano e liberare con un lungo applauso e molte lacrime la gioia trattenuta fino ad oggi. Giovani e meno giovani, figli diventati genitori e bambini che non l’hanno conosciuto: un milione e più di persone ha voluto passare una notte in viaggio, per strada e in preghiera per vivere sulla pelle l’emozione spirituale e umana di vedere Giovanni Paolo II ricevere quegli onori che in moltissimi gli avevano già riconosciuti e tributati il giorno dei funerali:
“Già in quel giorno noi sentivamo aleggiare il profumo della sua santità, e il Popolo di Dio ha manifestato in molti modi la sua venerazione per Lui. Per questo ho voluto che, nel doveroso rispetto della normativa della Chiesa, la sua causa di beatificazione potesse procedere con discreta celerità. Ed ecco che il giorno atteso è arrivato; è arrivato presto, perché così è piaciuto al Signore: Giovanni Paolo II è Beato!” (applausi)
Apparso sulla jeep scoperta poco dopo le 10, Benedetto XVI ha raggiunto l’altare posto sul sagrato della Basilica Vaticana. Schierati a destra e a sinistra il gruppo dei cardinali e degli altri concelebranti e i membri delle circa 90 delegazioni di Stato ufficiali, giunte per presenziare alla cerimonia. All’interno della Basilica, in una solitudine rotta solo dalle inquadrature televisive, il feretro di Giovanni Paolo II, posto davanti all’altare maggiore. Poggiato sulla teca funebre, aperto, l'Evangelario di Lorsch, un antichissimo volume miniato, custodito dalla Biblioteca Apostolica Vaticana.
All’esterno, un sole via via meno timido, sconfiggendo le previsioni di pioggia, ha preso a illuminare lo straordinario colpo d’occhio offerto dai fedeli e ha fatto brillare il reliquario in argento contenente il sangue di Papa Wojtyla, quando Suor Marie Simon-Pierre Normand – la religiosa miracolata per l’intercessione di Giovanni Paolo II – lo ha tenuto a lungo stretto tra le mani, in uno dei momenti più intensi della cerimonia. E intensa, come l’accompagnamento musicale orchestrato da mons. Marco Frisina, è stata l’omelia di Benedetto XVI quando ha ricordato in un crescendo di ammirazione e di affetto la straordinaria parabola che ha portato Papa Wojtyla dalla terra al cielo. “Giovanni Paolo II è Beato per la sua fede, forte, generosa e apostolica”, ha affermato il Papa, alternando il polacco e l’italiano per scolpire in una frase l’essenza di ciò che il nuovo Beato per 27 anni è stato per la Chiesa e per il mondo:
“Con la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana, questo esemplare figlio della Nazione polacca ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia di libertà”.
La commozione di chi ascoltava è stata più forte di ogni disagio e si è sciolta a ripetizione, ogni volta che Benedetto XVI ha lasciato che Giovanni Paolo II tornasse a parlare a chi non ha mai smesso di vivere i suoi insegnamenti:
“'Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!'. Quello che il neo-eletto Papa chiedeva a tutti, egli stesso lo ha fatto per primo: ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi politici ed economici, invertendo con la forza di un gigante – forza che gli veniva da Dio – una tendenza che poteva sembrare irreversibile”.
Con quella forza, ha proseguito il Papa, “Giovanni Paolo II ha guidato il Popolo di Dio a varcare la soglia del Terzo Millennio, la “soglia della speranza”, che per decenni era stata sbarrata da ideologie ostili al cristianesimo:
“Quella carica di speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso, egli l’ha legittimamente rivendicata al Cristianesimo, restituendole la fisionomia autentica della speranza, da vivere nella storia con uno spirito di 'avvento', in un’esistenza personale e comunitaria orientata a Cristo, pienezza dell’uomo e compimento delle sue attese di giustizia e di pace”.
Per anni una “roccia”, che ha visto cadere muri che si credevano eterni, fino a che l’energia della fede è stata consumata dalla sofferenza. Ora commosso anche lui, Benedetto XVI ha sfogliato in ultimo i propri ricordi di amico e collaboratore di Giovanni Paolo II, spalla a spalla per 23 anni, mettendo in risalto di Papa Wojtyla il suo essere un uomo sempre alla ricerca del contatto con Dio e capace di restare aggrappato alla Croce di Cristo fino all’ultimo residuo di forza:
“Il Signore lo ha spogliato pian piano di tutto, ma egli è rimasto sempre una ‘roccia’, come Cristo lo ha voluto. La sua profonda umiltà, radicata nell’intima unione con Cristo, gli ha permesso di continuare a guidare la Chiesa e a dare al mondo un messaggio ancora più eloquente proprio nel tempo in cui le forze fisiche gli venivano meno. Così egli ha realizzato in modo straordinario la vocazione di ogni sacerdote e vescovo: diventare un tutt’uno con quel Gesù, che quotidianamente riceve e offre nell’Eucaristia”.
L’ultimo saluto è stato una preghiera spontanea al Papa ora affacciato alla finestra della Casa del Padre:
“Beato te, amato Papa Giovanni Paolo II, perché hai creduto! Continua – ti preghiamo – a sostenere dal Cielo la fede del Popolo di Dio. Tante volte ci hai benedetto in questa piazza ... Oggi ti preghiamo: Santo Padre, ci benedica! Amen.”
Con la preghiera del Regina Caeli, pronunciata in sette lingue, Benedetto XVI ha voluto soprattutto restituire – tra saluti e ringraziamenti – l’universalità di Giovanni Paolo II apostolo senza confini, difensore dell’uomo e dei suoi più inviolabili diritti, che ora possono contare sulla roccia di un nuovo Patrono celeste.
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